Gestione del territorio

La nostra Squadra fa della gratificante ed indispensabile gestione del territorio una vera e propria ragione di vita essendo una delle attività principali al pari della mera e divertente attività venatoria.

In effetti quello della “gestione” è un termine oggi tanto in voga ma nel linguaggio storico della caccia è sempre stato piuttosto bistrattato, forse perché poco conosciuto.

 

Questo termine associato all’Ars Venandi e quindi a maggior ragione a tutte le forme di caccia stanziali, tra cui appunto il cinghiale, è emerso chiaramente a partire dagli anni ’90 con l’avvento della legge quadro sulla caccia n° 157/1992 che ha chiaramente correlato l’attività del cacciatore al territorio in cui agisce ed opera.

Un elemento del tutto nuovo nel panorama venatorio dei cacciatori di quel tempo abituati da decenni di caccia concepita in tutt’altra maniera e con una mentalità del tutto diversa, dove il cacciatore facoltoso, già dal primo dopo guerra, era al centro dell’attenzione e poteva prelevare tutto ciò di cui disponeva il territorio e l’ambiente senza badare minimamente alla sua gestione, dalla selvaggina migratoria e quella stanziale.

 

Per poi passare agli anni ’60 e ’70, coincidenti con l’avvento del boom economico e la nascita delle attività legate allo svago ed al benessere sempre più di massa, ad una passione condivisa dalla collettività e quindi non solo più dall’élite della società italiana, dove il legislatore ha dovuto regolamentare con la legge quadro n° 967 del 27 dicembre 1977, una prima specifica norma per la protezione e la tutela della fauna e la disciplina della caccia.

Non a caso, se pensiamo alla selvaggina migratoria e stanziale, ad esclusione ovviamente degli ungulati di più recente espansione demografica, il territorio dell’epoca forniva tutt’altri carnieri rispetto agli attuali che hanno portato addirittura alcune forme di caccia a scomparire localmente per ovvia mancanza di adepti, alcuni dei quali si sono geneticamente, anzi obbligatoriamente e fortunatamente, trasformati in “cinghialisti” andando a rinforzare le file delle squadre autorizzate.

Ovviamente tali interventi gestionali, di diversa natura, si sono resi ancor più necessari dal momento in cui il territorio venabile e l’intero ecosistema sono notevolmente mutati.

 

Gli interventi gestionali di cui siamo stati protagonisti in passato e di cui continuiamo ad essere accaniti sostenitori e promotori sono tutti quelli rivolti al miglioramento ambientale in senso lato, ovviamente con un occhio di riguardo a quanto concerne la nostra passione per l’attività venatoria, ma non solo.

Infatti, siamo stati artefici di numerosi interventi di miglioramento ambientale anche al di fuori della mera pratica venatoria e quindi al di fuori degli specifici interessi dei singoli cacciatori andando a privilegiare l’interesse della collettività e del buon senso civico.

Questo per evidenziare, ancora una volta, se ce ne fosse ancora bisogno, che il primo ecologista “vero” e quindi non da scrivania e da palcoscenico, è proprio il cacciatore che, dovendo e volendo fruire dell’ambiente circostante, è sicuramente il primo a volersene occupare direttamente cercando di non alterare gli equilibri naturali in termini di rispetto e sostenibilità.

A proposito di questo importante aspetto la nostra Squadra è stata tra le prime in assoluto a distinguersi ed a essere protagonista di numerose giornate ecologiche effettuate nei mesi primaverili del biennio 2014/2015, in cui moltissimi cacciatori si sono adoperati con impegno e sacrificio per la pulizia di strade, sentieri, torrenti, rii, boschi raccogliendo decine e decine di tonnellate di rifiuti ingombranti e talvolta pericolosi, abbandonati ovunque nel corso degli anni passati, da spregiudicati ed incoscienti depauperatori e devastatori dell’ambiente.

 

Questa importante e benefica iniziativa seguita con entusiasmo dall’intera Squadra è stata patrocinata ovviamente dai Comuni di Magliolo e di Tovo San Giacomo, per quanto concerne l’area di stoccaggio, le vasche ed i cassoni di raccolta dei vari rifiuti ed il relativo smaltimento, proprio per ripulire e rivalorizzare il meraviglioso e talvolta troppo trascurato ambiente della Val Maremola, sicuramente tra le zone più ricche di sorgenti e falde acquifere utilizzate dai pubblici acquedotti potabili ed irrigui e con una delle più alte biodiversità della nostra Regione.

L’unico rammarico in questa importantissima attività, ovviamente aperta a tutta la popolazione locale, è stato quello di non riuscire a coinvolgere adeguatamente tante persone, al di fuori ovviamente della ristretta cerchia dei cacciatori della Squadra, se non qualche sporadica eccezione da parte di persone veramente sensibili alle tematiche ambientali e territoriali.

Per il resto abbiamo ottenuto encomi ed elogi da più parti, ma soprattutto siamo tuttora consapevoli di aver effettuato un pregevole ed utile lavoro di miglioramento ambientale e quindi di vero e proprio ecologismo.

 

La nostra Squadra fu promotrice, già dagli anni ’90 e poi nei primi anni 2000 anche di numerosi interventi di controllo indiretto sul cinghiale e sugli altri ungulati, involontari ed ignari colpevoli di incursioni e danneggiamenti alle colture agricole.

Recependo la mia impostazione e la mia ferma convinzione che il cacciatore dovrebbe collaborare attivamente alla gestione del territorio di cui fruisce e quindi alla sua salvaguardia, al fine di lenire le conflittualità tra il mondo venatorio e quello agricolo, la Squadra si adoperò volontariamente dapprima a recintare con la rete metallica fornita dall’A.T.C. SV 2 svariati appezzamenti della vallata e della zona di competenza.

Successivamente, cambiata la modalità attuativa degli interventi di prevenzione a favore dei più efficaci pastori elettrici rispetto alla costosa ed ingombrante recinzione metallica, installò a partire dagli anni 2000 anche numerosi impianti di recinzione elettrificata, soprattutto a protezione delle colture pregiate, quali vigneti e campi coltivati ad ortaggi e primizie, nonché nelle zone particolarmente esposte al rischio di intrusione degli ungulati.

Ne furono installati a Giustenice, Tovo San Giacomo, Bardino Vecchio, Bardino Nuovo, Magliolo ed Isallo, praticamente in tutta la zona coltivata di nostra competenza venatoria e gestionale.

 

Sicuramente questi primi interventi gestionali sono quelli che, senza voler peccare di narcisismo e senza timore di voler primeggiare, possiamo assolutamente dire che rendono la nostra Squadra un po’ diversa rispetto alle altre realtà locali e non solo.

In effetti, a tutt’oggi, non sono poi così tante le squadre di caccia al cinghiale che hanno effettuato sistematicamente e ripetutamente nel corso degli anni interventi del genere a favore della collettività e della pluralità dei fruitori dell’ambiente, di qualsiasi provenienza sociale e territoriale.

Ci sembra di poter dire che abbiamo contribuito, con abnegazione e competenza, a fornire una bella e tangibile lezione di educazione ambientale, forse più utile di quelle lezioni teoriche profuse da tanti nostri antagonisti ambientalisti ed animalisti attraverso giornali, spot, mass-media, opportunamente schierati tutti contro il mondo della caccia, strumentalizzando e generalizzando qualsiasi attività e qualsiasi azione condotta dal mondo venatorio, spesso accomunando ed accostando appositamente l’azione di spregiudicati bracconieri e delinquenti comuni al più onesto ed irreprensibile cacciatore, come a voler dimostrare la stessa logica operativa e d’intenti.

Parlando sempre di gestione del territorio non possiamo non ricordare tutti gli altri interventi più specifici e mirati all’ottica venatoria, effettuati da sempre, perlomeno dagli anni ’80, per il buon andamento della battuta di caccia al cinghiale, ma non solo.

 

Ci riferiamo infatti agli impegnativi lavori di sfalcio dell’erba nei prati del Pizzo e del Prato Comune non più sfruttati dai pascoli per creare una sorta di nuovo habitat naturale per la lepre, alla lunga e faticosa realizzazione della struttura adibita al campo di preambientamento della lepre in località Cà Lunga, poi fatta dismettere dai soliti noti e sapienti burocrati e tecnocrati della nostra era, spesso basata prettamente sulle norme astratte ed inutili e sulla carta straccia.

Per passare a costanti interventi di pulizia dei sentieri e delle strade forestali di tutta la nostra zona di caccia a partire dal livello del mare nella zona della “Corte” sino ad arrivare ai 1335 metri di altitudine del Bric Agnellino, che ovviamente non vengono utilizzati dai soli cacciatori cinghialisti, bensì alla pluralità dei fruitori del bosco, quali altri cacciatori impegnati in forme di caccia diverse dalla nostra, pescatori, cercatori di funghi, raccoglitori di frutti selvatici, boscaioli, amanti dell’out door, ciclisti, motociclisti, ecc.

Infatti, abbiamo riaperto, per esempio, antichi ed importanti sentieri mappati, antiche vie di comunicazione dei secoli scorsi e strade forestali chiuse almeno da decenni di abbandono del sottobosco dove era del tutto improbabile e poco consigliabile transitare a piedi, tutto questo anche a favore di escursionisti e ciclisti, sempre più attratti e sedotti dal nostro entroterra.

 

Sempre nell’ottica venatoria, ma anche in questo caso con numerosi risvolti ecologici ed ambientali, siamo soliti effettuare altri interventi gestionali, quali il foraggiamento dissuasivo in determinate aree vocate e nei tempi ritenuti più idonei in funzione delle annuali attività di censimento alla governa in collaborazione con gli enti preposti al controllo territoriale.

Inoltre, per poter monitorare la quantità, la qualità e la disponibilità delle risorse trofiche, soprattutto ghianda da castagno, da roverella e da leccio, presenti sul territorio sono stati costruiti ed installati dalla nostra Squadra, già parecchi anni fa, numerosi raccoglitori di frutti selvatici in collaborazione con il Prof. Andrea Marsan dell’Università degli Studi di Genova che annualmente provvede a raccogliere, pesare, classificare, verificare ed analizzare la tipologia di ghianda elaborando quindi i relativi dati statistici emersi da tale attività.

A seguito del grave problema ambientale dovuto alla malattia del “Cinipede Galligeno” manifestatasi sul castagno seguimmo tutte le preziose precauzioni e le indicazioni tecniche gentilmente fornite, anche in questo caso, dal Prof. Andrea Marsan in merito alla raccolta ed alla successiva liberazione dell’antagonista naturale detto “Thorymus”.

La grande mole di piccolissimi insetti di Thorymus raccolti dalle galle di castagno della stagione precedente e fatti schiudere secondo la procedura consigliata sono stati poi liberati nei castagneti colpiti dal grave problema fitopatologico in varie località della nostra vallata avendo già buoni e tangibili risultati dalla stagione successiva.

 

L’attività di gestione territoriale deve prendere in considerazione anche il controllo delle varie forme di bracconaggio, antico e dannoso fenomeno difficilmente debellabile dalla società e devastante soprattutto per la salvaguardia e la tutela della selvaggina quanto una patologia sanitaria e quanto la mancanza di risorse trofiche.

Nel corso di questi anni di attività venatoria abbiamo potuto notare e segnalare alle autorità competenti parecchi di questi deplorevoli atteggiamenti, perpetrati tendenzialmente da persone molto ignoranti, ipocrite e soprattutto senza scrupoli che hanno distrutto intere nidiate di cinghiali e di animali di ogni specie e taglia con lacci, tagliole, trappole e gabbie di cattura amovibili di ogni genere costruite in loco o addirittura mobili per il successivo trasporto ed allontanamento dal sito, per arrivare addirittura a tecniche ancor più pericolose ed eventualmente letali anche per l’uomo come trappole elettrificate con la corrente elettrica.